Il rovo di bosco: Crema tiepida di miglio, agave e gelatina di rose con bastoncini croccanti ai mirtilli rossi tiepido tiffany
Il rovo di bosco
Crema tiepida di miglio, agave e gelatina di rose con bastoncini croccanti ai mirtilli rossi
La luce pacifica del tramonto
illuminò morbidamente il giardino del vecchio edificio in mattoni, mentre
l’aria si vestì di una tenera aura dorata. Luminosi toni aranciati adornavano i
profili delle foglie, delle alte cime dei tigli; qualche ape ronzava sognante
tra i rami nodosi di un saggio glicine, mentre fitti cespugli di rose
mostravano la loro abbondanza attraverso innumerevoli boccioli, contornati
delicatamente da linee lucenti dipinte dal sole. Era uno spettacolo troppo
bello per essere ignorato: fu così che Marica, lasciando per un attimo la
sorellina Chiara a rincorrere alcune farfalle dalle ali turchesi, si fermò per
un istante ad ammirarlo.
Rapita dal luccichio dei
cristalli di rugiada tra le spine, osservò gli intricati disegni che i petali
creavano al centro dei fiori; pensò a quanto somigliassero a soffici nuvole, impreziosite
da gocce che parevano quasi minuti diamanti. La piccola accostò così il visino
ad un bocciolo, chiudendo gli occhi e respirando profondamente la sua delicata
fragranza; si abbandonò a quella sensazione meravigliosa, percependo un senso
di quiete e di pace: il cinguettio degli uccellini, la brezza tiepida che le
sfiorava il viso e quella sorta di silenzio che aleggiava tra gli alberi erano proprio
un soffio di paradiso. Persino il rumore cadenzato e sottile delle cesoie di
Guglielmo, l’anziano giardiniere, le pareva piacevole e rassicurante: spesso lo
osservava mentre lavorava meticolosamente, ogni volta che accomodava le rose o
potava qualche siepe.
Non sempre Guglielmo sembrava
accorgersene, intento com’era ad occuparsi di foglie e fiori: eppure Marica
pensò che forse, il più delle volte, non lo desse semplicemente a vedere, pur
riconoscendo la presenza di qualcuno che lo stava osservando. Sentendosi
improvvisamente sola, la bimba si voltò a cercare con lo sguardo la sorellina
Chiara: dopo che la vide ai piedi della grande quercia del giardino, agitò il
braccino per chiamarla; Chiara si alzò e raggiunse immediatamente sua sorella
nel roseto: iniziarono così ad osservare insieme i gesti lenti e meticolosi dell’anziano
Guglielmo, occupato come ogni pomeriggio a spruzzare dell’antiparassitario sul
cespuglio di candidi boccioli.
Fu quindi inevitabile che,
qualche istante dopo, l’uomo sentì addosso i soliti quattro, vispi occhietti, intenti
a spiarlo: ma quel pomeriggio decise di interagire e si voltò verso di loro,
sorridendo ad entrambe pacatamente. Marica e Chiara ricambiarono con timidezza,
abbassando per un istante lo sguardo, nella tenera vergogna di essere state
scoperte.
< Sono belle queste rose, non trovate? > disse ad alta voce
Guglielmo, accarezzando delicatamente quella che teneva tra i rigidi guanti da
giardino, mentre le bimbe annuivano con lentezza.
< Sapete, sono creature davvero speciali. E hanno un prezioso segreto >
continuò.
< Davvero? > chiesero curiose le bambine, superando ogni
introversione < E quale, possiamo
saperlo anche noi? >
Guglielmo finse di pensarci un
poco, sospirando dubbioso. Aggrottò le sopracciglia e arricciò le labbra sotto
i folti baffi bianchi, con aria seriosa: ma quando vide Marica e Chiara deglutire
col fiato sospeso, l’anziano giardiniere si lasciò andare ad una sonora risata.
< Ma certamente, perché no? > ridacchiò l’uomo, facendo loro cenno
di avvicinarsi.
Le piccole si affrettarono a
sedersi accanto a lui nell’erba e tesero attentamente le orecchie per
ascoltarlo.
< Dovete sapere che le rose nacquero dal sogno di un bellissimo angelo,
che un giorno decise di farlo divenire realtà: si impegnò quindi a forgiarle,
perché fossero impalpabili e fragili come i desideri, adoperando veli di nuvole
al tramonto e fili lucenti di ragnatele bagnate di rugiada. Adornò con esse i
giardini della terra, pensando di fare cosa gradita ai figli del Signore;
immaginò che gli uomini potessero essere grati di tanta grazia e bellezza, eppure
presto si rese conto di aver commesso un errore. Come ogni essenza pura e
gracile, furono purtroppo soggette alla cattiveria e alla crudeltà spesso
tipiche di questo mondo: furono offese e maltrattate per egoismo personale;
furono maneggiate con superficialità, strappate e tagliate, finendo per
appassire lontane dai loro giardini.
Fu così che le rose iniziarono a soffrire, profondamente e
intensamente, fino a far vincere il sentimento primitivo e graffiante del
dolore: quella sensazione che, dopo tanto patire, riesce a rendere spietati
anche gli individui più benevoli. Esse seguirono meramente l’istinto e si
difesero, coprendosi di spine affilate e appuntite come spade: risposero al
male, provocando altro male in chiunque avesse tentato di toccarle ancora.
L’angelo che diede loro vita si accorse allora che quelle non erano più
le creature innocenti e leggere che aveva plasmato: si domandò come avrebbe
potuto convincerle ad essere meno spietate, a tornare ad essere incantevoli
come sogni, oltre che un sollievo per gli occhi e per l’anima. Pensò e
ripensò a lungo, ci lavorò intensamente, cercando di levigare ogni spina e di renderle
nuovamente aggraziate. Ma fu tutto inutile: le rose appassivano e ferivano
chiunque tentasse di accostarsi a loro. Eppure fu proprio quando decise di
abbandonare il suo capolavoro, affranto e abbattuto, che infine capì: nel suo
progetto, visto e rivisto più volte, aveva tralasciato qualcosa di
fondamentale. Solo quando per intercessione del Signore le dotò finalmente di
un cuore, quando qualcosa palpitò calda nel centro dei loro petali, il suo
sogno si concretizzò come da sempre lo aveva immaginato, trasformandosi
nell’opera più bella mai vista.
Solamente allora queste creature iniziarono a profumare, regalando al mondo
un miracolo celeste che inebriò l’aria.
Le rose, prima senza una vera e propria anima, capirono così tra un
battito e l’altro che amare era l’unica vera difesa che avrebbero potuto
adottare contro un’umanità così crudele e opportunista; decisero di imparare
dal dolore, che spesso invecchia e abbruttisce, mantenendo le spine ma donando al
contempo bellezza, gioia e carezze odorose. Decisero d’essere esempi, decisero
di mostrare cosa fossero le virtù del perdono e del coraggio: non importa
quanto male avrebbero potuto ancora ricevere, le loro spine sarebbero comunque
restate monito ed arma; ebbero il coraggio di sfidare perennemente il
gelo e la morte della terra, rifiorendo con testardaggine con l’ennesima bella
stagione. Perché per vivere ci vuole proprio questo: testardaggine, coraggio e
capacità di perdonare. Soprattutto, è necessario avere un cuore: lo stesso che
questi fiori invitano insistentemente ad usare, troppo spesso dimenticato, per
far sì che anche l’essere umano possa elevare la sua essenza emanando il
profumo dell’anima >.
Marica e Chiara, finora perse
nella voce rassicurante del vecchio Guglielmo, si guardarono emozionate e
stupite. Poi osservarono ancora le rose che avevano attorno, con lo stesso
sguardo luminoso di chi legge una bella poesia: potevano percepirne il
delizioso e fresco profumo, emanato direttamente dai battiti di preziosi e
palpitanti cuori fioriti.
< Ora che conoscete il segreto di queste creature > continuò il
saggio giardiniere < fatene un buon uso>.
Poi, prima di raccogliere le
cesoie e di rimettersi nuovamente al lavoro, guardò negli occhi le bambine con
amore e terminò: < Non dimenticate mai
cosa significa avere un cuore, né soprattutto cosa significa usarlo; rimembrate
in ogni istante di ascoltare ogni suo battito e di distinguervi nel dargli
ascolto quotidianamente. Siate sempre come le rose: solo così, di fronte alle
mille avversità della vita o ad un’esistenza spesso dura e faticosa, renderete comunque
il giardino della terra il luogo più profumato e prezioso al mondo >.
Crema tiepida di miglio, agave e
gelatina di rose con bastoncini croccanti ai mirtilli rossi
Per la crema tiepida
(senza glutine, senza lattosio,
vegan)
500 ml latte di miglio ( IsolaBio )
50 ml di sciroppo d’agave
1 cucchiaino di vaniglia naturale
in polvere ( Rapunzel )
3 cucchiai di gelatina di petali
di rose ( Favols )
25 gr di amido di mais
Per i bastoncini croccanti ai mirtilli rossi
(senza lattosio, vegan)
2/3 fogli di pasta fillo*
Zucchero di canna integrale (o normale se preferite) q.b.
Burro di soia ( Provamel ) o in
alternativa margarina 100% vegetale senza grassi idrogenati, q.b.
Mirtilli rossi essiccati q.b.
* questi bastoncini croccanti non sono indicati
per celiaci poiché la pasta fillo contiene, in questo caso, farina di frumento.
Preparare la crema mettendo in
una casseruola il latte di miglio, lo sciroppo d’agave e la vaniglia. Portare
quasi a bollore e aggiungere la gelatina di petali di rosa, mescolando finché
non si sarà sciolta. Spegnere il fuoco e lasciare intiepidire. Versare il
composto in una ciotola in cui avrete messo l’amido di mais, girando con una
forchetta affinché non si creino grumi. Trasferire nuovamente il tutto sul
fuoco, mescolando fino ad addensamento. Porre la crema a raffreddare in una
ciotola, ben coperta a contatto con della pellicola alimentare. Una volta tiepida,
porre in coppette e lasciare riposare fino a che non raggiungerà la temperatura
ambiente**.
Dedicarsi quindi alla
preparazione dei bastoncini in pasta fillo: tagliare i fogli in tanti
rettangolini, cospargerli lievemente con un velo di burro di soia (o margarina
vegetale) e di zucchero. Posizionare su ciascun rettangolo
qualche mirtillo rosso, arrotolarli dal lato lungo e torcerli con delicatezza.
Porre in forno caldo a 190°C
per ca. 10/15 minuti, fino a doratura.
Servire le coppette di crema tiepida
con i bastoncini croccanti.
** nulla vi vieta di gustarla
anche fredda, se preferite. Ma abbiate pietà, qui è da un mese che piove e
pare novembre, con gocce d’acqua che sembrano padelle. L’estate finora non
l’ho mica vista.. e beviamo ancora cioccolata calda...
Siate sempre come le rose. Possiate ricordare quanto amare sia l’unica
grande risorsa contro l’aridità e il male; possiate percepire sempre ogni
battito del cuore, ascoltarlo e assecondarlo ogni giorno, a tal punto da
inebriare permanentemente il mondo con lo splendido, indistinguibile profumo
della vostra anima.
…e un pensiero speciale va chiaramente alle due splendide bimbe di
questo racconto che, con la loro adorabile mamma, non mancano mai di sognare e
fantasticare con me e con le mie storie!
Anche se purtroppo è spesso ormai
difficile trovare del tempo per rifugiarmi nel mio amato bosco, non manco di
passarci appena posso: i giorni, le settimane o i mesi passati sembrano così essere
stati meno lunghi e mi pare di avervi lasciato solamente ieri.
Vi abbraccio tutte/i con affetto
e, come sempre, a presto. Lo spero davvero.
Pubblicato da
Ely
a
23:06
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